Big Fish- Le storie di una vita incredibile- Recensione spoiler
Un film di Tim Burton molto diverso dal suo solito stile in cui però
è evidente il suo tocco: “Big fish” racconta la storia di Edward
Bloom, un uomo che quando racconta la sua vita lo fa aggiungendo
alcuni dettagli un po’ esagerati, fatto che fa innervosire suo
figlio Will; mentre è in fin di vita, Edward inizia a raccontare
tutta la sua storia, una storia che ha raccontato al figlio migliaia
di volte e che è così assurda che sembra impossibile credergli, ma
in realtà lui non fa altro che romanzare un po’ quella che è la
realtà dei fatti.
Nato in un piccolo
paesino, Edward cresce molto più in fretta degli altri e pensa che
ciò voglia dire che lui è destinato a grandi cose e così quando il
paese viene “invaso” da un gigante che sembra cattivo, ma che in
realtà non ha ancora trovato il suo posto nel mondo i due partono insieme per un avventura. Quando decidono di prendere due
strade diverse che in realtà conducono allo stesso punto, il
protagonista s’imbatte in una cittadina nascosta da un bosco
impenetrabile, un posto apparentemente idilliaco in cui però aleggia una
pesante inquietudine; Edward decide di lasciare questo luogo da cui
mai nessuno è andato via, ma sa che ci tornerà poiché quello è il
posto in cui morirà. La tappa seguente è un circo, dove il gigante
troverà il suo posto ed Edward conoscerà l’amore della sua vita e
farà di tutto per scoprire chi è e conquistarla; dopo un avventura
alquanto particolare in guerra, dove accetterà tutte le missioni più
pericolose perché, come aveva visto anni prima nell’occhio di una
strega, la sua morte avverrà in modo diverso, e infine tornerà a
casa dalla moglie e le sue grandi avventure si trasformeranno in
piccole esperienze quotidiane. O almeno così sembra...
Un film davvero
intenso, di cui non si può parlare troppo perché bisogna vederlo;
la domanda di sottofondo che rieccheggia per tutto il tempo è “
Cos’è meglio, la verità o la versione romanzata e fiabesca, con
un tocco di magia della nostra vita?” . Alla fine Edward Bloom non
fa altro che trasformare la sua vita in un racconto fantastico, una
di quelle storie di cui leggi nei libri e che ti raccontano i tuoi
genitori prima di andare a dormire, una di quelle storie che tutti
sogniamo, ma che non viviamo; eppure siamo davvero sicuri di non
viverla per niente? Quello che ci insegna questo film è che in
realtà ogni attimo della vita ha un tocco di magia, ma sta a noi
decidere se accoglierlo oppure ignorarlo. Edward aggiunge ai suoi
racconti la magia che gli manca e questo turba il figlio finché non
gli viene fatto notare quanto sia triste e noiosa la vita senza quel
tocco; “A bit of madness is key” recita la canzone “Audition”
del film “La la land” e questa frase si accompagna così bene a
questo film che sembra quasi essere stata scritta per lui.
I luoghi che
attraversa Edward sono molto importanti: nasce in un
piccolo paese in cui si distingue per le sue capacità, ma a lui non
basta e quindi decide di andarsene da quel posto insieme ad un
gigante che sembra spaventoso, ma che in realtà ha solo bisogno di
sentirsi accettato dagli altri. Successivamente arriva a Spectre, un
piccolo paradiso nascosto che rappresenta perfettamente quella che
viene comunemente definita “comfort zone”: un luogo tranquillo,
in cui non succede mai nulla e in cui tutti sono felici poiché la
negatività sembra essere tenuta lontana dal bosco impenetrabile che
lo circonda; è proprio in questo luogo che incontra un poeta sparito
da anni, la cui immaginazione è ora bloccata da quella calma piatta
e tranquilla in cui può vivere sì senza preoccupazioni, ma anche senza
quelle forti emozioni che gli permettono di scrivere le sue poesie.
Poi c’è il circo, in cui finalmente Edward inizia a sperimentare
le vere difficoltà della vita e le affronta tutte con il sorriso in
volto poiché follemente innamorato di una ragazza vista una sola
volta, ma che già sa diventerà sua moglie e in cui capirà che
spesso gli animali sembrano aggressivi, ma in realtà sono solo soli.
In seguito andrà in guerra dove farà alcuni incontri assurdi per
poi tornare a casa e accettare un lavoro solo perché ha bisogno di
soldi, ma che in fondo non gli pesa poiché lui sa sempre trovare la
magia che si nasconde dietro le piccole cose e infine tornerà a
Spectre, che è completamente cambiata poiché il mondo esterno si è
intrufolato e ha rovinato la sua magia.
La storia che viene
raccontata più e più volte è quella del giorno in cui è nato suo
figlio, quando Edward ha catturato un pesce che tutti credevano
impossibile da prendere, ma poi lo ha lasciato andare. Will odia
quella storia perché sa che non è mai accaduta davvero, eppure solo
dopo aver scoperto cos’è successo realmente capisce che quella
versione è meglio della verità.
Un evento che da ad
Edward la forza di affrontare tutta la sua vita senza paura è l’aver
visto come avverrà la sua morte: in questo modo lui sa che niente
potrà ucciderlo fino a quel momento (che però è ancora molto
lontano) e quindi non ha paura a lanciarsi nelle avventure più
bizzarre, a correre i rischi più estremi, a vivere a pieno senza
paura che qualcosa possa ucciderlo ( tematica che verrà poi
rielaborata e resa protagonista del film “Dio esiste e vive a
Bruxelles”). Vivete senza paura e romanzate la vostra vita, ecco il
messaggio del film. E io non potrei essere più d’accordo.
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